Sullo scrivere e altre sciocchezze
A volte me lo chiedo, piegato sulla tastiera del mio computer, oppure mentre tengo fra le mani la penna bic, appuntando qualche idea su un block notes. Non appartengo alla categoria dei professionisti, non sono autore di romanzi best-sellers, non sono un volto noto dell’editoria.
Ma sono davvero solo loro gli scrittori? O con questo termine ci possiamo riferire a tutti quelli che scrivono a vario titolo, per lavoro o per diletto? Parlo dei blogger, dei reporter della carta stampata, dei laureandi a lavoro sull’ennesima bozza della tesi, di tutti quelli che amano prendere un semplice pezzo di carta e scribacchiare i loro pensieri. O di quelli che scrivono un diario, e che non hanno altro pubblico oltre a loro stessi.
Io sono convinto che tutti noi siamo narratori, gente che racconta ad altri le proprie esperienze, le proprie emozioni. Metterle su carta è un semplice cambio di mezzo.
Scrivere è uno di quegli elementi umani universali che ci distinguono dalle bestie.
Scrivere rende le azioni passate presenti.
Rende visibile il futuro.
Trasmette emozioni nell’immediato e le fissa nel tempo.
E questa è prerogativa della comunicazione umana.
Qualcuno potrebbe obiettare, perché anche gli animali comunicano. È vero. Avrete certamente visto un cane, o un gatto, studiare le migliori strategie comunicative per far sapere al padrone di aver fame. Ma nessun animale, neppure il più intelligente, sarà mai in grado di comunicare al padrone che ieri aveva fame.
Nessun animale potrà “raccontare” di essere uscito al parco e, magari, aver giocato con una palla. Di aver conosciuto un altro animale. Di essersene innamorato.
Questa, è roba da uomini.
E allora è presto spiegato perché si scriva.
Lo si fa per trasmettere emozioni, per raccontare ad altri le proprie sensazioni, i propri pensieri.
I propri sogni o le proprie paure.
Nessuno, almeno nessuno sano di mente, scrive con l’ambizione di diventare un autore di best-sellers. Chi ha provato a pubblicare qualche suo lavoro, fosse un romanzo, una raccolta di poesie o di racconti, sa che i dati di vendita scoraggerebbero il più ottimista degli ottimisti.
Eppure, si continua a scrivere.
Qualcuno, tempo fa, qualcuno mi chiese il perché lo facessi, considerando che, dalle vendite del mio lavoro, avevo all’epoca recuperato più o meno il costo della connessione internet utilizzata per caricare quel lavoro on-line.
Non ho una risposta. O forse sì, ma devo ribaltare la questione su un piano più conosciuto: perché centinaia, o migliaia, di uomini si ritrovano il martedì sera per la partita di calcetto?
Nessuno di loro sfonderà. Nessuno esordirà in serie A o in Champion’s League.
E allora, perché un uomo dovrebbe addirittura pagare per svolgere un’attività faticosa e di nessuna prospettiva? Semplice: perché gli piace.
A me piace scrivere.
Mi piace pensare che, da qualche parte nel mondo, un lettore sta sfogliando le pagine del mio libro, sta provando le emozioni che IO gli ho trasmesso. In quel preciso momento, io e lui siamo in comunione. Il libro gli piacerà? Ne sarò felice. Lo farà inorridire? Mi dispiacerà, ovviamente, ma vedete…non è questo il punto. È evidente che una buona recensione sia preferibile ad una pessima. Così come è evidente che vendere milioni di copie sia preferibile al venderne qualche decina, o centinaia, fosse solo per l’aspetto economico. Pecunia non olet, è vero, ma fare soldi non è mai stato il mio obiettivo e non può essere l’obiettivo di uno scrittore.
Se avessi voluto arricchirmi con i miei lavori letterari, sarebbe stato più intelligente utilizzarli come arma contundente per fare una rapina in banca. Lo scopo non è quello.
Uno fra i più grandi scrittori viventi, Stephen King, ha espresso questo concetto molto meglio di me. Questo è il suo pensiero:
“Scrivo perché mi appaga. Sarà servito anche a pagare il mutuo e a far andare i ragazzi all’università, ma queste sono conseguenze: ho scritto per il piacere di scrivere, per la gioia pura che ne ricavo. E se potete farlo per il piacere, potete farlo per sempre.”
Ecco, io scrivo per il piacere di farlo.
Sì, io sono uno scrittore.
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