Racconto breve Vs Romanzo: quando la lunghezza non è la sola differenza
Essendomi cimentato nella scrittura di racconti, per la maggior parte brevi, e di un romanzo, sono giunto a chiedermi quali siano le differenze sostanziali che uno scrittore debba tenere in considerazione per affrontare la narrazione in generi così diversi.
Non è mia intenzione soffermarmi sulla mera lunghezza dell’opera. Facendo qualche breve ricerca on line si incontrano numerose teorie circa il numero di battute o cartelle necessarie per la distinzione dei diversi generi. Considerazioni certamente valide, ma che a mio parere non risolvono completamente il problema: se prendessimo soltanto le prime pagine di un qualsiasi romanzo, ottenendo il numero di battute di un racconto breve, il risultato sarebbe certamente scadente, carente non solo dal punto di vista narrativo, venendo a mancare una buona parte della storia, ma anche sul piano letterario.
Allo stesso modo, non credo sia sufficiente stabilire la differenza sulla base della complessità dell’intreccio. Alcuni romanzi con una trama estremamente lineare e con pochissimi personaggi, vengono, a ragione, considerati capolavori.
Mi pare a questo punto evidente che la differenza non possa stare solo nella lunghezza o nell’intreccio.
E allora? Qual è il vero solco che separa i diversi generi?
La personale conclusione cui sono giunto consiste in una considerazione relativa allo stato emotivo del lettore: d’altra parte, qualsiasi opera venga scritta, sia essa un romanzo, una novella, una poesia, o un racconto breve, trova il suo fine ultimo nel lettore. Non si può considerare un’opera prescindendo dalle emozioni che essa suscita in chi la legge. E in questo caso la differenza mi sembra sostanziale: come autore, in un romanzo dispongo di qualche centinaia di pagine per coinvolgere il lettore, per trasmettergli le emozioni legate all’opera. I tempi di lettura sono dilatati: non è certo impossibile, ma è per lo meno improbabile che un lettore inizi e finisca un romanzo in una sola sessione. Le emozioni che vengono trasmesse hanno il tempo di sedimentare e maturare, rafforzandosi e crescendo.
In un buon racconto breve l’aspetto emotivo non può invece essere rimandato. In questo caso l’opera nasce e muore nell’arco di pochi minuti. L’autore deve riuscire a trascinare il lettore nel mood della storia fin dalla prima riga, serrando le fauci su di lui, azzannandolo senza tregua fino alla conclusione della storia. Le emozioni trasmesse da un racconto si possono definire, a mio modo di vedere, meno profonde, meno radicate di quelle di un romanzo, ma allo stesso tempo più violente e più immediate.
E quindi la scrittura dovrà giocoforza essere più diretta, immediata, violenta. La scelta dei termini da utilizzare dovrà essere più attenta. L’autore dovrà riuscire ad esprimere un concetto in cinque parole invece che in cinque righe, o cinque capitoli, badando bene di non perdere l’effetto emozionale, ma facendo in modo che questo travolga il lettore.
Non credo sia corretto dare valutazioni di valore, per stabilire se un genere sia superiore all’altro, e non è mia intenzione farlo.
Esistono senz’altro molte altre differenze, alcune forse ancora più fondamentali di quella che ho stabilito io.
Quel che è certo è che non possiamo catalogare un’opera solo sulla base della lunghezza, a meno di non voler cadere in schematizzazioni troppo banali e semplicistiche per risultare efficaci.
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